La qualità di « cadre dirigeant » (dirigente), attribuita ai dipendenti al vertice dell’azienda, è definita nell’articolo L. 3111-2 del Codice del lavoro francese. Questo status permette di non applicare la normativa sull'orario di lavoro ai dipendenti che ne beneficiano.

1) La valutazione della realtà dello status di dirigente alla luce del contesto contrattuale.

Nella citata sentenza del 30 maggio 2018 (n. 16-25557), un dipendente, commercialista, cercando di sottrarsi alla qualità di dirigente (cadre dirigeant), ha sostenuto che questo status avrebbe dovuto essere specificato per iscritto affinché li fosse opponibile dal datore di lavoro.

A tal fine, egli invocava diverse disposizioni del contratto collettivo allora applicabile al suo contratto di lavoro. Nella fattispecie, la Corte di Cassazione ha respinto tale argomentazione, affermando che il contratto collettivo invocato non conteneva alcuna disposizione "che subordini l'esclusione, per i dirigenti, della regolamentazione dell'orario di lavoro all'esistenza di un documento contrattuale scritto".

Al contrario, quando nella sentenza del 7 settembre 2017 (n. 15-24725) [8], la Corte di Cassazione rileva che il dipendente, che era responsabile di un centro di profitto, era soggetto ad un accordo individuale per un numero fisso di giorni (forfait jours), trae la seguente conclusione: l'accordo tra le parti esclude lo status di dirigente (cadre dirigeant).

Era inoltre stabilito che "le parti hanno sottoscritto una promessa di impegno specificando che "il suo impiego nella categoria quadro (cadre) è disciplinato da un accordo di annualizzazione dell'orario di lavoro sulla base di 218 giorni".

Così, la Corte di Cassazione si è spinta fino ad affermare che la Corte d'appello "non doveva effettuare nessuna ricerca sul possibile status di dirigente del dipendente". Aveva quindi "dedotto sovranamente l'esistenza del lavoro straordinario".

2) La preminenza dei criteri legali nel determinare l'applicazione dello status di « cadre dirigeant ».

L'articolo L. 3111-2 del Codice del lavoro francese [1] stabilisce tre criteri per il conferimento dello status di « cadre dirigeant » ad un dipendente, escludendo così l’applicazione della normativa sull'orario di lavoro: « Sont considérés comme ayant la qualité de cadre dirigeant les cadres auxquels sont confiées des responsabilités dont l'importance implique une grande indépendance dans l'organisation de leur emploi du temps, qui sont habilités à prendre des décisions de façon largement autonome et qui perçoivent une rémunération se situant dans les niveaux les plus élevés des systèmes de rémunération pratiqués dans leur entreprise ou établissement. » 

I tre criteri sono dunque i seguenti:

  1. mansioni con responsabilità, la cui importanza implica un alto grado di indipendenza nell'organizzazione del tempo di lavoro,
  2. sono abilitati a prendere decisioni, in modo quasi totalmente autonomo
  3. ricevono una retribuzione che è nei più alti livelli dei sistemi retributivi applicati nell’azienda o stabilimento.

La Corte di Cassazione aveva aggiunto un quarto elemento, quello della partecipazione alla gestione della società [2].

Ha poi aggiunto che questo criterio non è un criterio a sé stante, [3] e che non può sostituire i criteri legali.

Con sentenza del 24 ottobre 2018 (n. 17-20477) [4], la Corte di cassazione ha ribadito questa soluzione. Infatti, la Corte ritiene che i giudici avrebbero dovuto "esaminare la situazione del dipendente alla luce di questi tre criteri legali" prima di accogliere la sua richiesta.

Quest'ultimo chiedeva il pagamento degli straordinari. Il datore di lavoro invece gli opponeva il suo status di dirigente (cadre dirigeant), escludendo il conteggio e il pagamento di eventuali straordinari.

A questo, la Corte d'Appello ha risposto che il datore di lavoro non ha dimostrato che "il dipendente era effettivamente coinvolto nella gestione dell'azienda", senza esaminare se i tre criteri previsiti dalla legge fossero soddisfatti. Così, la Corte di Cassazione ha scrupolosamente ribadito tali criteri nella sua sentenza.

In una sentenza resa qualche mese prima, il 30 maggio 2018 (n. 16-25557) [5], i giudici della Corte suprema non fanno riferimento al quarto criterio giurisprudenziale della partecipazione effettiva.

Infatti, nella prima parte della sua sentenza, la Corte di Cassazione si è limitata ad osservare che "l'interessato aveva piena libertà di organizzazione del proprio orario, godeva di un potere decisionale molto ampio e riceveva una retribuzione tra i più alti livelli dello studio" per poi concludere che "aveva lo status di dirigente (cadre dirigeant)".

La Corte di Cassazione sembra continuare a dare priorità ai criteri legali, pur adattandone l'applicazione, in due sentenze pronunciate nel giugno 2019 :

- Il 19 giugno 2019 (n°18-11083) [6], pur riconoscendo che i primi due criteri sono soddisfatti (grande indipendenza nell'organizzazione dell’orario di lavoro, retribuzione tra le più alte), nota però che l'ultimo (autonomia nell'esercizio delle mansioni) non lo è,  e quindi risulta che "non partecipava alla gestione dell'azienda", per poi affermare infine che "il dipendente [cogestore] non poteva rivendicare la qualità di dirigente (cadre dirigeant)".

- In una precedente sentenza del 2 ottobre 2019 (n. 17-28940) [7], la Corte di cassazione ha adottato un approccio molto fattuale, in particolare tenendo conto di alcuni indicatori come il fatto che il dipendente, direttore dello stabilimento, "doveva essere presente all'interno della struttura dieci mezze giornate a settimana", che "poteva firmare assegni solo con l'autorizzazione del consiglio di amministrazione", che gli era consentito solo di "proporre assunzioni" senza poter firmare un contratto di lavoro. Da questi elementi, la Corte di cassazione ha concluso, così come la Corte d'appello, che il dipendente "non aveva la qualità di dirigente (cadre dirigeant)".

Frédéric CHHUM Avocat et membre du conseil de l’ordre des avocats de Paris

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