Il ”co-emploi” è un concetto elaborato dalla giurisprudenza francese.

Tale concetto consiste ad attribuire l’integralità o parte delle obbligazioni e responsabilità del datore di lavoro ad una persona morale diversa da quella che:

  • ha firmato il contratto di lavoro
  • paga il dipendente
  • dirige e controlla il lavoro del dipendente.

L’esistenza di un accordo di tesoreria o di un accordo generale di assistenza concluso tra la casa madre e la sua filiale, non è sufficiente a qualificare una situazione di “co-emploi”.

In una sentenza del 13 luglio 2017, la Corte di Cassazione francese si è pronunciata ancora una volta sui criteri che permettono di determinare una situazione di “co-emploi” tra la casa madre e la sua filiale.

La giurisprudenza costante francese prevede che, al di fuori del contesto di subordinazione, una società appartenente ad un gruppo non può essere considerata come “co-employeur” del personale di un’altra società.

Questo salvo il caso in cui esista tra le due società, oltre alla neccessaria coordinazione delle azioni economiche tra società appartenenti allo stesso gruppo ed allo stato di dominio economico che questa appartenenza può produrre, una confusione di interessi, di attività e di direzione, manifestato dall’ingerenza nella gestione economica e sociale della fililiale.

La Corte di cassazione precisa, in una decisione recente, che non basta a caratterizzare una situazione di “co-emploi” il fatto che:

  • i dirigenti della filiale provengano dal gruppo e che siano in stretta collaborazione con la casa madre,
  • la casa madre abbia apportato alla filiale un importante sostegno economico,
  • per il funzionamento della filiale, sia stato firmato con la casa madre un’accordo di tesoreria ed un accordo generale di assistenza dietro compenso.

Nel caso di specie: al fine di qualificare una situazione di “co-emploi”, la Corte d’appello francese aveva ritenuto l’ingerenza della casa madre nella direzione della sua filiale in quanto esisteva un’accordo di “omnium” tra le due società che conteneva l’insieme degli incarichi di funzione e la quasi totalità dell’attività della filiale.

I giudici della corte d’appello avevano ugualmente ritenuto che il direttore della filiale non era libero nel prendere le decisioni, nella gestione del personale e che la casa madre effettuava un controllo interno della filiale a tutti livelli della sua organizzazione.

Questi argomenti non hanno tuttavia convinto la Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione ha infatti ritenuto che non sussisteva nel caso di specie la situazione di “co-emploi”.